L'intervista
"Live art" alla torre del San Camillo con Gian Maria Tosatti
di Alice Gussoni
9.06.11
La torre abbandonata che svetta in via Ramazzini sta vivendo in questi giorni una nuova vita. L’intero edificio che fungeva da centrale idrica per l’ospedale è stato trasformato in un’opera site specific dall’artista concettuale Gian Maria Tosatti
La torre abbandonata dei primi del Novecento che svetta in via Ramazzini, nel complesso ospedaliero del San Camillo, sta vivendo in questi giorni una nuova vita. L’intero edificio, che fungeva da centrale idrica per l’ospedale, è infatti stato trasformato in un’opera site specific dall’artista concettuale Gian Maria Tosatti. Il luogo e lo spazio che ospitano l’installazione “Testamento - Devozioni X”, prodotta dalla fondazione VOLUME! e curata da Alessandro Facente, sono il palcoscenico e insieme il testo stesso dell’opera. Gli inconsapevoli avventori invece diventano i performer che, seguendo l’invisibile filo rosso steso dall’artista, agiscono sullo spazio e interagiscono con ciò che in esso vi è contenuto. Il percorso verticale che i quattro piani della torre offrono, è una prova che non tutti devono o possono superare, ma alla fine della quale ognuno avrà la propria rivelazione, come una sorta di percorso iniziatico. In cui gli elementi usati, il vox recorder, le vecchie radio che diffondono il suono - le voci di Wright, architetto del Guggheneim e di Vera Lynn, sorta di Lili Marleen britannica - e gli oggetti perennemente in bilico offrono allo stesso tempo una sensazione di precarietà e ancestralità.
L’opera “Testamento- Devozioni X” sembra essere stata perfettamente cucita sul luogo, ma la sua ispirazione ha invece un’origine molto più antica, addirittura il Vangelo. E poi tutto ha un’aria instabile e insieme antica, eterna. Una specie di istantanea del day after, che però arriva dal passato: è questo il testamento che citi nel titolo? È una distruzione totale quella che predici o possiamo andare a dormire tranquilli?
E' molto difficile spiegare la reciprocità fra racconto dello spazio e racconto dell'artista. Lavorare con questo spazio è stato un vero corpo a corpo. Volevo parlare della fine dell'umanità e dunque ho dovuto recuperarne il mito che si è sviluppato negli anni della guerra fredda, quando per la prima volta ci siamo resi conto che era a portata di mano in ogni momento e che gli unici responsabili saremmo stati noi. Per questo molti elementi rimandano a quegli anni, perché certe immagini fanno vibrare corde che parlano direttamente a certe nostre paure radicate. La fine dell'umanità di cui parlo io non è più però quella dovuta ad una catastrofe nucleare, ma ad una catastrofe ambientale, che però, allo stesso modo è frutto delle scelte umane. Già oggi, muore un milione di persone l'anno per l'inquinamento delle automobili, significa che ogni anno muore almeno una persona che conosciamo a causa delle scelte dei governi, eppure non facciamo nulla per impedirlo. La resurrezione, che era il tema di questa mia installazione riferito alla matrice evangelica del ciclo Devozioni, non mi sembra sia più qualcosa alla nostra portata.
Tutto il ciclo di si è innestato nel territorio di Roma, ma come trovi che sia stata accolta dai romani la tua arte, pensi che operazioni di questo tipo abbiano avuto una risonanza adeguata o siamo ancora in un territorio da molti definito fermo, immobile, dal punto di vista artistico?
Roma è una città che negli anni ha sofferto di un po' di immobilismo. Ultimamente però ci sono state risposte positive ad alcuni stimoli e si sta ricreando una comunità artistica consapevole e vitale. Credo che ogni artista debba fare la sua parte e continuare a rafforzare il ruolo dell'arte in questa città in modo da farla tornare a essere una delle tante spine dorsali dell'identità di una Roma contemporanea.
Quest’anno sei stato anche il promotore di un progetto, Reload, dove gli spazi di una ex officina automobilistica al Pigneto sono stati momentaneamente occupati da artisti e galleristi romani. I termini erano stati concordati con il proprietario che ha acconsentito a questo ricollocamento temporaneo in attesa della nuova destinazione d’uso. L’intero progetto ha rappresentato una nuova sfida, dimostrare che fosse veramente possibile fare arte a costo zero per gli artisti, e nello stesso tempo riuscire ad avere un ritorno commerciale di immagine. Potresti spiegarci il concetto alla base? Tu che posizione occupi al suo interno? Quale posizione ha invece il territorio ospitante?
Le cose che citi di Reload sono solo degli effetti, degli strumenti che lo rendono possibile, i costi, i vantaggi per i suoi partner... Ma le cause sono diverse. Reload è stato un progetto per provare a mettere per una volta assieme l'intera comunità artistica, farla lavorare spalla a spalla come in un grande laboratorio. Io ho inventato e diretto il progetto, ma più che altro direi che l'ho condiviso con gli altri. Il territorio a sua volta ne è stato partner e spettatore e non si può dire che la risposta non sia stata sorprendente. Abbiamo coinvolto tutte le istituzioni del territorio, i due grandi musei della città (Maxxi e Macro, n.d.r.), collezionisti, aziende, tutti a discutere con artisti e critici romani o venuti dall'Italia e dall'Europa. L'eco è arrivato fino a New York, dove in autunno presenterò il libro che descriverà l'esperienza fatta e la teoria che ne abbiamo tratto.
Pensi che riuscirai a ripetere questa esperienza? Secondo te in che modo sarebbe possibile declinare questa operazione nel futuro?
Reload è una idea-prototipo che di fatto voleva solo stimolare una maggiore collaborazione fra soggetti diversi all'interno della città dimostrando quanto la cultura sia una forza propulsiva e non un peso. Ogni operazione che coinvolga artisti e cittadini può essere a suo modo un Reload. Le declinazioni possono essere molte e ognuno può trovare la sua.
“Testamento-Devozioni X” si potrà visitare fino a sabato 11, orario dalle h 16 alle h 20, via Ramazzini 76, all’interno del complesso ospedaliero San Camillo.